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Aspetti civilistici della riduzione del capitale ex artt.2445-2446-2447 c.c.

 a) Riduzione del capitale esuberante; b) Riduzione del capitale per perdite

 a) Riduzione del capitale esuberante

 L’art. 2445 c.c.  disciplina l’ipotesi della riduzione del capitale per  esuberanza rispetto all’oggetto sociale con una serie di cautele relative alle modalita’ di attuazione della delibera assembleare, ai limiti quantitativi della riduzione,  garantendo il diritto di informazione dei soci e quello di tutela dei terzi.A differenza del caso ex artt. 2446 -2447 c.c., la fattispecie di cui all’art. 2445 c.c. rappresenta  una riduzione  reale  del capitale e costituisce deroga al principio generale  per cui la societa’ non  puo’  resti-tuire ai soci i conferimenti eseguiti o liberarli dall’obbligo di effettuare quelli promessi sin quando la societa’ rimane in vita.

Detta deroga fa riferimento ad una serie di cautele sostanziali e procedimentali che si cerchera’ di analizzare secondo i diversi orientamenti  della giurisprudenza e      della dottrina.

In linea generale il concetto di esuberanza del capitale riguarda il fatto che durante la vita dell’impresa si puo‘ verificare una sproporzione del capitale sociale propriamente detto rispetto a quello necessario per  conseguire l’oggetto sociale.

Mentre il capitale rappresenta un elemento fisso e contabilmente certo l’entita’    del  patrimonio netto della societa’  e’ collegata alla mutabilita’ del ciclo economico della societa’ e alle scelte discrezionali degli amministratori  di remunerare in maniera piu’ o meno intensa l’investimento dei soci.

E’ stato osservato come nel termine capitale sociale non siano compresi altri elementi come “le disponibilta’ finanziarie, le riserve ed  altri fondi  esistenti    in        bilancio” poiche’ il capitale ricopre la funzione di garanzia  a tutela dei creditori della societa’ oltre quella di integrare i mezzi per la continuazione dell’esercizio dell’impresa (*).

 Infatti solo i valori dell’attivo di importo pari all’entita’ del capitale sociale costitui-scono la garanzia effettiva per i creditori, proprio a causa dei vincoli di destinazione  che gravano sul capitale sociale (**).

Si vuol rilevare  come il capitale sociale risulti esuberante dove  ecceda    il   normale fabbisogno di una societa’ in relazione all’attivita’ concretamente svolta tenuto conto anche dei possibili e ragionevoli suoi sviluppi nel   breve  termine:   la      valutazione dell’esuberanza deve essere riferibile all’attivita’ che l’attivita’ svolgera’  con ragione- vole certezza   dopo la diminuzione del capitale deliberata  dall’assemblea e   non   a quella desumibile dall’atto costitutivo della societa’.

(*)Nobili R. Spolidoro M.S. La riduzione del capitale  in “Trattato delle societa’ per azioni”, diretto da Colombo G.E. e da Portale G.B., Torino 1993, vol. VIII pag. 197 ss.

(**) Manzini A. Commento a Decreto Tribunale di Torino , Sez, I civ.  14.12.1999, in Diritto e Pratica delle Societa’ n. 3 del 21.02.2000, Il Sole 24 Ore Pirola, pag.61 ss.;

in Giurisprudenza si segnalano: Tribunale  di Cassino 6 maggio 1997 in Le Societa’ , 1997, 10 pagg.1176 ss.

Secondo l’orientamento  della  giurisprudenza per “oggetto sociale”  si deve intendere  l’attivita’ economica  effettivamente esercitata   dalla societa’ e non quanto    espresso astrattamente dall’atto costitutivo; inoltre e’ stato chiarito che  la riduzione del capi-tale per esuberanza  deve rispondere a specifiche esigenze della societa’ ,esigenze che saranno accertate tramite un giudizio tecnico  che ritenga adeguata l’entita’ del capitale sociale e  il conseguimento effettivo dell’oggetto sociale..

La valutazione dell’esuberanza del capitale sociale rispetto all’oggetto sociale  non rappresenta un dato di valore assoluto ma un concetto relativo da valutare caso per caso  in relazione alle dimensioni assunte dalla societa’, ai suoi programmi, alle attivita’ in corso di attuazione, agli obbiettivi fissati.

La valutazione prospettica di un capitale eccessivo  condizionera’ il giudizio di legit-timita’  della delibera ed escludera’  il collegamento ad  altri    parametri,   quali   un ridimensionamento contingente e transitorio delle attivita’   sociali , un   eccesso di liquidita’ di cassa , la decisione di sopprimere il collegio sindacale nelle S.r.l.  o altre circostanze che non importano  alcuna connessione   con l’oggetto sociale.

Quindi di volta in volta dovranno essere rilevati e valutati alcuni fatti gestionali, che non rappresentino situazioni di mercato contingenti o transitorie vicende aziendali, ma che costituiscano un organico programma imprenditoriale  proposto alla  compa-gine sociale in un dato momento(*).

In ogni caso quando la valutazione della congruita’ del capitale  sociale nominale e il conseguimento dell’oggetto sociale  importino la diminuzione del capitale, si  potra’ affermare che “la liberta’ di autodeterminazione dei soci incontrera’ il limite   della necessaria ricorrenza del presupposto della riduzione volontaria, costituita    dalla esuberanza  definibile come sopravvenuta eccedenza di mezzi propri vincolati     a capitale in rapporto all’oggetto sociale (**).

Si ritiene, comunque,che non possano configurare la riduzione del capitale ex   art. 2445 c.c. l’eccesso di liquidita’ e la temporanea previsione della societa’ di non intraprendere nuove iniziative produttive.

La liquidita’ di cassa e’ elemento patrimoniale ben diverso dal capitale e con esso non confondibile, mentre la temporanea inattivita’ e’ parimenti non rilevante “posto   che trattasi di situazione di fatto , per definizione transeunte , che non modifica  il concre-to oggetto cui tende l’attiivita’ sociale”.

Quindi, “l’inattivita’ e’ una mera scelta gestionale  destinata a risolversi ed allora l’oggetto sociale   rimane inalterato sicche’ col riferimento alla temporanea inattivita’ non si fornisce  idonea giustificazione  della ragione per cui il capitale sia diventato esuberante, oppure l’inattivita’  e’ decisione definitiva ed allora la societa’ va posta in liquidazione” senza possibilita’ alcuna di anticipare  l’esito di questa riducendo il capitale preventivamente.

(*) Tribunale di Cassino 1989 in Le Societa’ 1989,12, pag.1301; Appello di Milano 15.12.1988, in Le Societa’ 1989, 3, pag.300;  Tantini G. Riflessioni in tema di  riduzione  del capitale sociale per esuberanza  (ed oggetto sociale ) in Giur. Comm., 1977,II, pagg.72-76.

(**)  Rovelli presupposti per la riduzione del capitale per esuberanza , in Le Societa’ 1993, pag. 513 s.s.

b) Riduzione del capitale per  perdite ex artt. 2446-2447 c.c.

 Art. 2446 c.c. 

 In caso di perdite superiori ad un terzo del capitale, gli amministratori hanno l’obbligo ex art. 2446-2447 c.c. di prendere i  seguenti provvedimenti:

  • convocare l’assemblea senza indugio per gli opportuni provvedimenti, quando il capitale risulti diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite;
  • di redigere una relazione sulla situazione patrimoniale della societa’ che tenga conto delle osservazioni effettuate dal collegio sindacale;
  • di fare in modo che una copia della relazione e delle suddette osservazioni resti depositata nella sede della societa’ negli otto giorni che  precedono l’assemblea, per dare modo ai soci di prenderne visione;
  • di sottoporre relazioni ed osservazioni all’esame dell’assemblea.

L’assemblea dopo aver esaminato la relazione degli amministratori e   valutate       le osservazioni del collegio sindacale, potra’:

  • ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate e deliberare intorno alla messa in liquidazione della societa’;
  • rinviare la decisione sugli opportuni provvedimenti da intraprendere all’esercizio successivo,

se vi sono elementi tali che possano contribuire ad un miglioramento della situazione;

Qualora la perdita non dovesse diminuire a un valore inferiore di un terzo      entro l’esercizio successivo, l’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio dovra’ ridurre il capitale in proporzione alle perdite  accertate.

In caso che l’assemblea non provveda a tale compito, gli amministratori e i sindaci hanno l’obbligo di chiedere al Tribunale che venga disposta tale riduzione in ragione delle perdite risultanti in bilancio.

Se entro l’esercizio successivo la perdita non si e‘ ridotta a meno di un terzo. L’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio dovra’      ridurre     il capitale in proporzione delle perdite accertate.

Se l’assemblea non provvede alla riduzione del capitale, gli amministratori e i sindaci hanno l’obbligo di chiedere al Tribunale “ che venga disposta tale riduzione in ragione delle perdite risultanti in bilancio”.

Opportuni provvedimenti degli amministratori

 In caso di perdite superiori  ad un terzo del capitale,gli amministratori devono convo-care immediatamente l’assemblea dei soci; anche  durante l’esercizio sociale uno dei loro compiti piu’ rilevanti nell’ambito del mandato fiduciario di amministratori, sara’  quello   di percepire eventuali perdite che vanno ad intaccare il capitale.

In questo senso,  essendo  obbligo degli amministratori      quello    di     vigilare     sul-l’andamento della gestione sociale come disposto dal 2^ comma dell’art.2392 c.c., essi devono poter avere una   percezione della perdita effettiva in ogni momento  della vita sociale; cio‘ si  riferisce in ogni caso  ad un atteggiamnerto di urgenza inteso in senso “ragionevole” (Trib. Milano 1.07.1976, in Giur. Comm.,1977, II).

E’ chiaro che nella vita dell’impresa vi possano essere alcune perdite di   natura occa-sionale che possono essere assorbite nell’ambito  di  un  periodo  ristretto, come  nel  caso  delle  attivita’  industriali  che   risentono dell’interruzione della produzione nel periodo estivo;  in altri casi puo’ capitare che  vi siano  perdite consistenti e continua-tive nel primo periodo di attivita’, come per le aziende che effettuano  investimenti in “knowhow”  in modo massiccio e  che impongono, invece, notevoli iniezioni di  liqui-dita’.

Si impone, quindi,  anche ai fini pratici  un  atteggiamento     degli      amministratori sempre vigile nei confronti di eventuali  perdite in corso d’anno o ad altre verificatesi  in corso di approvazione del bilancio, per evitare che un ritardo    non     proprio desi- derato si traduca in una  eventuale azione di responsabilita’ ex art. 2392 c.c., nonche’ nell’applicazione delle sanzioni penali di cui all’art.2630 2^ comma n.2 c.c..

Per imputare la responsabilita’ agli organi amministrativi  sara’ necessario individuare con certezza a partire da quale momento l’inadempimento dell’obbligo e’ da imputare ad essi  e quali siano i danni derivanti dal loro inadempimento.

L’amministratore che si vorra’ esimere da   colpa       dovra’,     dunque,    provare    che l’inadempimento non e’ imputabile a sua colpa.

Per provare il nesso causale  fra mancata convocazione dell’assemblea e danno non sara’ di facile entita’;  infatti difficilmente sara’ provabile l’addebito di responsabilita’ in capo all’amministratore in caso di ulteriori perdite per operazioni compiute, nel momento successivo a quello in cui lo stesso avrebbe dovuto convocare l’assemblea, come disposto dall’art. 2446 c.c.

Secondo la  giurisprudenza in atto  raramente sulla base di    piu’ casi    in    cui     gli amministratori avrebbero dovuto convocare l’assemblea,  raramente si  e’   riusciti a provare la loro responsabilita’ in base a tale inadempimento (*).

(*) Per un caso  in cui si affermo’  la responsabilita’   degli       amministratori      per negligente sorveglianza prima che la perdita avesse raggiunto il limite di cui  all’art. 2446 c.c., v. Cass. 5 aprile 1971 n.970 in Casi  e materiali, cit.  a nota 1 del cap. I p.738 V. Anche Trib. di Genova  16/01/1979  che ha ritenuto gli amministratori e i sindaci responsabili delle perdite verificatesi dal momento in cui si imponeva l’applicazione dell’art. 2446 c.c.

Per meglio comprendere quando il capitale e’ stato eroso in misura superiore ad un terzo vi sono tre ipotesi, per le quali la perdita puo’ essere evidenziata:

  • al valore nominale del capitale sociale;
  • alla somma del capitale sociale piu’ le riserve;
  • al capitale sociale , ma dopo che la perdita abbia eroso completamente le riserve esistenti;

a titolo esemplificativo si puo‘ fare  riferimento ad una societa’ che abbia un capitale di 150 e riserve iscritte in bilancio per 20.

L’obbligo prescritto agli amministratori di cui all’art. 2446 c.c. scatterebbe qualora le perdite fossero eccedenti di:

1)   Nel primo caso per perdite eccedenti  150/3, cioe’ 50

2)   Nel secondo caso per perdite eccedenti (150+30)/20, cioe’ 90;

  • Nel terzo caso per perdite eccedenti 20 + 150/3, cioe’ 70.

Mentre le prime due ipotesi sono poco attendibili, poiche‘   la prima implica un’erosione prima del capitale e poi delle riserve,  la seconda che il capitale e le riserve vengano  erose contemporaneamente, in caso  di perdite; la terza ipotesi  risulterebbe quella piu’ conveniente secondo i principi civilistici  piu’ comunemente accettati,  per cui  le perdite  andrebbero ad erodere prima le riserve di varia natura  e in un secondo momento il capitale.

Cio‘ in aderenza al principio che il capitale sociale costituisce per i creditori e    per    i terzi  la garanzia piu’ solida.

Quindi secondo un atteggiamento di  responsabile controllo anche durante l’esercizio sociale gli  amministratori dovranno  essere in grado di percepire eventuali    perdite che vanno ad intaccare il capitale; in questo senso, essendo loro  obbligo  quello    di vigilare sull’andamento della gestione sociale, come disposto     dal 2^ comma   del-l’art.2392 c.c.,  devono avere una  percezione della perdita effettiva in ogni momento  della vita sociale; cio’  si  riferisce fra l’altro ad un atteggiamento di urgenza inteso in senso “ragionevole” (Trib. Milano 1.07.1976, in Giur. Comm.,1977, II).

In questo senso puo‘ essere considerato l’art. 2446 c.c., il quale       importa       un intervento tempestivo degli amministratori in caso di perdite del capitale, consen-tendo  ai soci di ridurre il valore nominale del capitale, senza l’applicazione dell’art. 2445, in caso di capitale che risulti esuberante, di cui gia’ trattato precedentemente.

(*) Per un caso  in cui si affermo’  la responsabilita’ degli amministratori per negli-gente sorveglianza prima che la perdita avesse raggiunto il limite di cui all’art. 2446 c.c., v. Cass. 5 aprile 1971 n.970 in Casi  e materiali, cit.  a nota 1 del cap. I p.738 V. Anche Trib. di Genova  16/01/1979  che ha ritenuto gli amministratori e i sindaci responsabili delle perdite verificatesi dal momento in cui si imponeva l’applicazione dell’art. 2446 c.c.

E’ chiaro che nella vita dell’impresa vi possano essere alcune      perdite    di     natura occasionale che possono essere assorbite nell’ambito  di  un  periodo  ristretto, come  nel  caso  delle  attivita’  industriali  che   risentono dell’interruzione della produzione nel periodo estivo; in altri casi puo’ capitare che  vi siano  perdite consistenti e  conti-nuative nel primo periodo di attivita’, come per le aziende che  hanno      bisogno    di investimenti in “knowhow”  in modo massiccio e  che impongono, invece,     notevoli iniezioni di liquidita’ per periodi continuativi.

Per imputare la responsabilita’ agli organi amministrativi  sara’ necessario individuare con certezza a partire da quale momento l’inadempimento dell’obbligo e’ da imputare ad essi  e quali siano i danni derivanti dal loro inadempimento.

L’amministratore che si vorra’ esimere da colpa  dovra’,      dunque,      provare      che l’inadempimento non e’ imputabile a sua colpa.

Per provare il nesso causale  fra mancata convocazione dell’assemblea e danno non sara’ di facile entita’;  infatti difficilmente sara’ provabile l’addebito di responsabilita’ in capo all’amministratore in caso di ulteriori perdite per operazioni compiute, nel momento successivo a quello in cui lo stesso avrebbe dovuto convocare l’assemblea , come disposto dall’art. 2446 c.c.

Secondo la  giurisprudenza in atto  raramente sulla base di piu’   casi     in cui       gli amministratori avrebbero dovuto convocare l’assemblea,      assai  raramente si     e’   riusciti a provare la loro responsabilita’ in base a tale inadempimento (*).

Situazione patrimoniale

Nel caso di una situazione di perdite eccedenti     un     terzo del     capitale      perche’ l’assemblea  possa disporre di tutte le informazioni necessarie per consentire ai soci  di deliberare sara’ necessario   che   gli amministratori   predispongano    una  situa-zione patrimoniale della societa’.

Questa dovra’ rimanere depositata presso la societa’ negli  otto giorni che precedono l’assemblea dei soci (Trib. Cosenza 8-02-1994, in Le societa’ 1994, 1071).

La preparazione di una relazione sulla  situazione patrimoniale della societa’  costitui-sce “ condicio sine qua non” per la validita’ della deliberazione medesima.

In caso di omessa presentazione all’assemblea del documento suddetto vi potranno essere delle conseguenze giuridiche rilevanti in capo agli effetti della delibera stessa.

In alcune pronunce ( Trib. Napoli 20.05.1986, in Societa’ 986. Pag.1011; Trib. Siena 28.03.1984 il nuovo diritto 1984, pag.590) si e’ affermato che la delibera      sarebbe annullabile , poiche’  il disposto normativo dell’art. 2446 c.c. e‘ dettato dalla necessita’ di tutela  dei soci.

Secondo l’orientamento prevalente (Trib. Roma 16.05.1986 in Societa’ 1986,pag.1317; Trib. Milano 11.10.1983 in Societa’ 1984 pag.556)la riduzione del capitale per perdite se adottata in  assenza di una situazione patrimoniale aggiornata  e’ da considerarsi nulla poiche ‘ in contrasto con l’art.2446 c.c. ( Trib. Verona 9.07.1998 in Le societa’ 1988, 1276).

Tale orientamento tende non solo ad effettuare una corretta informazione dei soci nel momento della delibera assembleare ex art.2446 c.c., ma anche quello  di       tutelare l’integrita’ del capitale sociale e la salvaguardia delle ragioni dei terzi.

Criteri  di redazione della situazione patrimoniale

 La situazione patrimoniale deve indicare  i criteri di valutazione seguiti        nella redazione di tale documento contabile, e secondo la dottrina in atto costituisce un vero e proprio bilancio, anche se non redatto in chiusura d’esercizio.

Secondo alcuni correnti di pensiero  la redazione della situazione patrimoniale non e’ gravata dai limiti posti dall’art.2425 c.c. per le valutazioni delle appostazioni  contabi-li, ma deve nello stesso tempo rappresentare l’effettiva situazione  patrimoniale della societa’ (Ferri Le societa’ Torino1987, pag.941).

Si vuol citare il caso di appostazioni contabili come   le   spese       di     impianto     o  l’avviamento o eventuali marchi iscritti in bilancio per   un   valore    effettivamente inferiore a quello reale; cio’ chiaramente non risponde a quanto disposto     dall’art. 2446 c.c., che richiede una situazione patrimoniale, corredata dalle     osservazioni dell’eventuale organo sindacale in carica, che esprima in termini contabili la   reale consistenza dell’impresa.

Si sostiene  ancora che “ la corretta informazione dei soci e il principio della chiarezza nella rilevazione della situazione patrimoniale della societa’ e dalle perdite da   queste sofferte impongono che il bilancio speciale da sottoporre ai soci ex art.2446 sia  redat- to in modo che la perdita subita  sia percepita immediatamente”.

D’altro canto nella redazione della situazione che evidenziera’ l’eventuale  perdita sono   permesse agli amministratori delle deroghe ex art. 2425 c.c. ultimo comma, purche’  vengano fornite le opportune giustificazioni del caso, volte a spiegare con chiarezza  una verita’ contabile  che sia sostanziale e non formale.

Si puo’, dunque, affermare sotto un punto di vista pratico che la giurisprudenza ha ritenuto congrui criteri valutativi identici a quelli relativi al bilancio di esercizio.

  1. A) La determinazione del risutato della gestione deve sicuramente essere svolta dal bilancio d’esercizio  come risulta dall’art. 2423 c.c., che permette con la sua applicazione una maggior tutela dei terzi in un momento cosi’ delicato della vita dell’impresa.
  2. B) Sotto un punto di vista pratico il 2^ comma dell’art. 2446 dispone    che l’assemblea che approva il bilancio d’esercizio successivo al verificarsi della perdita di procedere alla riduzione del capitale, qualora la suddetta perdita non risulti diminuita a meno di un terzo.

Percio’ e’ d’obbligo secondo l’orientamento del legislatore la necessita’ di mettere in relazione la perdita risultante dalla situazione patrimoniale a quella iscritta         nel successivo esercizio ,secondo parametri ovvero criteri di valutazione confrontabili fra di loro, come quelli derivanti dall’applicazione dell’art.2423 c.c.

Da  quanto esposto sopra si puo’ dunque propendere per la necessita’  di allegare alla situazione patrimoniale propriamente detta un conto economico, sebbene cio’ non sia richiesto dal codice civile e non costituisca un limite  alla necessaria  omologazione dell’eventuale delibera dell’assemblea.

Infatti il conto economico unito alla situazione patrimoniale puo’ mettere in luce nell’attivita’ d’impresa  in esame quegli  aspetti illustrativi necessari, con gli opportuni dettagli di conto, che permettano di comprendere   in modo piu’ analitico un momen-to particolarmente grave della vita dell’impresa.

Per dare un’immagine completa della societa’  potra’ essere redatta una relazione degli amministratori e in particolar modo una relazione del Collegio  Sindacale,        in     cui l’organo di controllo dovra’ esprimere il proprio parere in merito alla correttezza       e attendibilita’ dei dati esposti da parte degli amministratori.

Queste relazioni dovranno indicare i criteri adottati nella redazione dei  prospetti , esprimere eventuali giudizi di  merito sulle cause che hanno prodotto  le perdite e fare le opportune proposte per gli opportuni provvedimenti da  adottare.

Data della situazione patrimoniale

Secondo la dottrina la data relativa alla situazione patrimoniale da sottoporre al vaglio dell’assemblea chiamata a deliberare sulle perdite eccedenti il terzo del capitale non   deve essere anteriore a quattro mesi o sei mesi rispetto alla data dell’assemblea stessa.

Tuttavia, secondo la Giurisprudenza del Tribunale di Milano, la situazione patrimoniale deve essere relativa ad una data  anteriore di non oltre 60 giorni rispetto a quella dell’assemblea che dovra’ poi deliberare per l’applicazione dell’art.2446 c.c. Infatti cio’ dipende dal fatto che gli amministratori devono assumere un atteggiamento tempestivo ai fini della convocazione dell’assemblea.

La dottrina afferma invece che il termine  di 60 giorni non essendo fissato dalla legge trova smentita nel:

  1. 2^ comma dell’art.2446 c.c. per il quale l’assemblea deve essere convocata entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio successivo a quello nel quale e’ stata rilevata la perdita o entro il maggior temine mai superiore a sei mesi da tale chiusura, se fissato dall’atto costitutivo in caso di eventi particolari;
  2. nell’art.2501-ter  c., per cui la situazione non deve essere anteriore a quattro mesi rispetto alla data di deposito nella sede della societa’, del progetto di fusione .

Quindi, in  conclusione,  la riduzione del capitale per perdite puo’ essere legittimamente deliberata sulla base di una situazione patrimoniale non anteriore a quattro mesi o sei mesi dal giorno dell’assemblea che dovra’ deliberare in merito, a’ sensi dell’art. 2446 c.c.;

tuttavia sembra evidente l’apprezzamento generalmente applicato dal  Tribunale  di  Milano, che impone una situazione quanto piu’ aderente alla data della       delibera assembleare sulla  situazione di perdita, rispecchiando essa  piu’ da vicino   la realta’ economica  effettiva del momento.

In caso di omessa presentazione all’assemblea del documento suddetto vi potranno essere delle conseguenze giuridiche rilevanti in capo agli effetti della delibera stessa.

Secondo quanto risulta da alcune   pronunce ( Trib. Napoli 20.05.1986, in Societa’ 986. Pag.1011; Trib. Siena 28.03.1984 il nuovo diritto 1984, pag.590)    la delibera sarebbe annullabile , poiche’  il disposto normativo dell’art. 2446 c.c. e’      dettato dall’esigenza di tutela dei soci.

Secondo l’orientamento prevalente (Trib. Roma 16.05.1986 in Societa’ 1986, pag.1317; Trib. Milano 11.10.1983 in Societa’ 1984 pag.556) la riduzione del capitale per perdite se adottata in  assenza di una situazione patrimoniale aggiornata  e’ da considerarsi nulla poiche‘  in contrasto con l’art.2446 c.c. ( Trib. Verona 9.07.1988 in Le societa’ 1988,1276).

 Riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale ex art. 2447 c.c.

 Ai fini dell’art. 2447 c.c. nel caso di perdite eccedenti il terzo del capitale sociale, il quale viene a ridursi al di sotto del minimo di legge , e’ necessaria la convocazione tempestiva  dell’assemblea da parte degli amministratori per deliberare la riduzione al disotto del minimo legale o la trasformazione della societa’.

La suddetta convocazione sara’ necessaria al verificarsi contemporaneo delle due condizioni:

1) la perdita deve essere superiore ad un terzo del capitale;

2) la riduzione del capitale deve essere al di sotto del minimo legale;

Quindi, anche in presenza di una societa’ con capitale inferiore al minimo legale, la stessa potra’ continuare ad operare finche’ la perdita non abbia superato il terzo del capitale.

Si puo’  affermare  che il legislatore e’ tollerante nel caso di perdite inferiori al terzo del capitale; infatti in caso contrario le societa’ costituite con capitale minimo dovrebbero prendere provvedimenti continui ai fini dell’art. 2447 c.c., senza i quali le stesse dovrebbero essere sciolte.

Ai fini della situazione patrimoniale di cui ampiamente trattato relativamente  al-l’art.2446 c.c. ,si ricorda che l’obbligo  di presentare il suddetto documento esiste anche nel caso di perdite che riducano il capitale al di sotto del minimo legale.Per completezza di trattazione si vuol citare, tuttavia,  l’orientamento opposto di alcune   alcune pronunce  giurisprudenziali (Trib. Milano 25.1.1954 in Foro Italiano 1955, I col.148), per le quali l’informativa  disposta ai fini dell’art. 2446 c.c. non sarebbe obbligatoria nel caso di cui all’art. 2447 c.c., poiche’ nel  caso di capitale ridotto al di sotto del minimo legale, i  soci dovrebbero sottostare ad un comportamento imposto dalla normativa.

Tuttavia   sotto un punto di vista oggettivo l’orientamento piu’ comunemente accettato dalla giurisprudenza per  la fattispecie di cui all’art. 2447 c.c. e’ quello di    considerare tale disposto normativo un caso specifico, di cui al gia’ citato art. 2446 c.c.,       ovvero della perdita eccedente il terzo del capitale.

Quindi  per ottenere  una maggior tutela dei creditori  sara’ necessario redigere una  situazione patrimoniale anche ai fini dell’art. 2447 c.c., sebbene      non        prevista espressamente dalla normativa civilistica.

di  Giuseppe Vittorio – dottore commercialista  Milano

Aspetti civilistici della riduzione del capitale ex artt.2445-2446-2447 c.c.

 a) Riduzione del capitale esuberante; b) Riduzione del capitale per perdite

 a) Riduzione del capitale esuberante

 L’art. 2445 c.c.  disciplina l’ipotesi della riduzione del capitale per  esuberanza rispetto all’oggetto sociale con una serie di cautele relative alle modalita’ di attuazione della delibera assembleare, ai limiti quantitativi della riduzione,  garantendo il diritto di informazione dei soci e quello di tutela dei terzi.A differenza del caso ex artt. 2446 -2447 c.c., la fattispecie di cui all’art. 2445 c.c. rappresenta  una riduzione  reale  del capitale e costituisce deroga al principio generale  per cui la societa’ non  puo’  resti-tuire ai soci i conferimenti eseguiti o liberarli dall’obbligo di effettuare quelli promessi sin quando la societa’ rimane in vita.

Detta deroga fa riferimento ad una serie di cautele sostanziali e procedimentali che si cerchera’ di analizzare secondo i diversi orientamenti  della giurisprudenza e      della dottrina.

In linea generale il concetto di esuberanza del capitale riguarda il fatto che durante la vita dell’impresa si puo‘ verificare una sproporzione del capitale sociale propriamente detto rispetto a quello necessario per  conseguire l’oggetto sociale.

Mentre il capitale rappresenta un elemento fisso e contabilmente certo l’entita’    del  patrimonio netto della societa’  e’ collegata alla mutabilita’ del ciclo economico della societa’ e alle scelte discrezionali degli amministratori  di remunerare in maniera piu’ o meno intensa l’investimento dei soci.

E’ stato osservato come nel termine capitale sociale non siano compresi altri elementi come “le disponibilta’ finanziarie, le riserve ed  altri fondi  esistenti    in        bilancio” poiche’ il capitale ricopre la funzione di garanzia  a tutela dei creditori della societa’ oltre quella di integrare i mezzi per la continuazione dell’esercizio dell’impresa (*).

 Infatti solo i valori dell’attivo di importo pari all’entita’ del capitale sociale costitui-scono la garanzia effettiva per i creditori, proprio a causa dei vincoli di destinazione  che gravano sul capitale sociale (**).

Si vuol rilevare  come il capitale sociale risulti esuberante dove  ecceda    il   normale fabbisogno di una societa’ in relazione all’attivita’ concretamente svolta tenuto conto anche dei possibili e ragionevoli suoi sviluppi nel   breve  termine:   la      valutazione dell’esuberanza deve essere riferibile all’attivita’ che l’attivita’ svolgera’  con ragione- vole certezza   dopo la diminuzione del capitale deliberata  dall’assemblea e   non   a quella desumibile dall’atto costitutivo della societa’.

(*)Nobili R. Spolidoro M.S. La riduzione del capitale  in “Trattato delle societa’ per azioni”, diretto da Colombo G.E. e da Portale G.B., Torino 1993, vol. VIII pag. 197 ss.

(**) Manzini A. Commento a Decreto Tribunale di Torino , Sez, I civ.  14.12.1999, in Diritto e Pratica delle Societa’ n. 3 del 21.02.2000, Il Sole 24 Ore Pirola, pag.61 ss.;

in Giurisprudenza si segnalano: Tribunale  di Cassino 6 maggio 1997 in Le Societa’ , 1997, 10 pagg.1176 ss.

Secondo l’orientamento  della  giurisprudenza per “oggetto sociale”  si deve intendere  l’attivita’ economica  effettivamente esercitata   dalla societa’ e non quanto    espresso astrattamente dall’atto costitutivo; inoltre e’ stato chiarito che  la riduzione del capi-tale per esuberanza  deve rispondere a specifiche esigenze della societa’ ,esigenze che saranno accertate tramite un giudizio tecnico  che ritenga adeguata l’entita’ del capitale sociale e  il conseguimento effettivo dell’oggetto sociale..

La valutazione dell’esuberanza del capitale sociale rispetto all’oggetto sociale  non rappresenta un dato di valore assoluto ma un concetto relativo da valutare caso per caso  in relazione alle dimensioni assunte dalla societa’, ai suoi programmi, alle attivita’ in corso di attuazione, agli obbiettivi fissati.

La valutazione prospettica di un capitale eccessivo  condizionera’ il giudizio di legit-timita’  della delibera ed escludera’  il collegamento ad  altri    parametri,   quali   un ridimensionamento contingente e transitorio delle attivita’   sociali , un   eccesso di liquidita’ di cassa , la decisione di sopprimere il collegio sindacale nelle S.r.l.  o altre circostanze che non importano  alcuna connessione   con l’oggetto sociale.

Quindi di volta in volta dovranno essere rilevati e valutati alcuni fatti gestionali, che non rappresentino situazioni di mercato contingenti o transitorie vicende aziendali, ma che costituiscano un organico programma imprenditoriale  proposto alla  compa-gine sociale in un dato momento(*).

In ogni caso quando la valutazione della congruita’ del capitale  sociale nominale e il conseguimento dell’oggetto sociale  importino la diminuzione del capitale, si  potra’ affermare che “la liberta’ di autodeterminazione dei soci incontrera’ il limite   della necessaria ricorrenza del presupposto della riduzione volontaria, costituita    dalla esuberanza  definibile come sopravvenuta eccedenza di mezzi propri vincolati     a capitale in rapporto all’oggetto sociale (**).

Si ritiene, comunque,che non possano configurare la riduzione del capitale ex   art. 2445 c.c. l’eccesso di liquidita’ e la temporanea previsione della societa’ di non intraprendere nuove iniziative produttive.

La liquidita’ di cassa e’ elemento patrimoniale ben diverso dal capitale e con esso non confondibile, mentre la temporanea inattivita’ e’ parimenti non rilevante “posto   che trattasi di situazione di fatto , per definizione transeunte , che non modifica  il concre-to oggetto cui tende l’attiivita’ sociale”.

Quindi, “l’inattivita’ e’ una mera scelta gestionale  destinata a risolversi ed allora l’oggetto sociale   rimane inalterato sicche’ col riferimento alla temporanea inattivita’ non si fornisce  idonea giustificazione  della ragione per cui il capitale sia diventato esuberante, oppure l’inattivita’  e’ decisione definitiva ed allora la societa’ va posta in liquidazione” senza possibilita’ alcuna di anticipare  l’esito di questa riducendo il capitale preventivamente.

(*) Tribunale di Cassino 1989 in Le Societa’ 1989,12, pag.1301; Appello di Milano 15.12.1988, in Le Societa’ 1989, 3, pag.300;  Tantini G. Riflessioni in tema di  riduzione  del capitale sociale per esuberanza  (ed oggetto sociale ) in Giur. Comm., 1977,II, pagg.72-76.

(**)  Rovelli presupposti per la riduzione del capitale per esuberanza , in Le Societa’ 1993, pag. 513 s.s.

b) Riduzione del capitale per  perdite ex artt. 2446-2447 c.c.

 Art. 2446 c.c. 

 In caso di perdite superiori ad un terzo del capitale, gli amministratori hanno l’obbligo ex art. 2446-2447 c.c. di prendere i  seguenti provvedimenti:

  • convocare l’assemblea senza indugio per gli opportuni provvedimenti, quando il capitale risulti diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite;
  • di redigere una relazione sulla situazione patrimoniale della societa’ che tenga conto delle osservazioni effettuate dal collegio sindacale;
  • di fare in modo che una copia della relazione e delle suddette osservazioni resti depositata nella sede della societa’ negli otto giorni che  precedono l’assemblea, per dare modo ai soci di prenderne visione;
  • di sottoporre relazioni ed osservazioni all’esame dell’assemblea.

L’assemblea dopo aver esaminato la relazione degli amministratori e   valutate       le osservazioni del collegio sindacale, potra’:

  • ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate e deliberare intorno alla messa in liquidazione della societa’;
  • rinviare la decisione sugli opportuni provvedimenti da intraprendere all’esercizio successivo,

se vi sono elementi tali che possano contribuire ad un miglioramento della situazione;

Qualora la perdita non dovesse diminuire a un valore inferiore di un terzo      entro l’esercizio successivo, l’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio dovra’ ridurre il capitale in proporzione alle perdite  accertate.

In caso che l’assemblea non provveda a tale compito, gli amministratori e i sindaci hanno l’obbligo di chiedere al Tribunale che venga disposta tale riduzione in ragione delle perdite risultanti in bilancio.

Se entro l’esercizio successivo la perdita non si e‘ ridotta a meno di un terzo. L’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio dovra’      ridurre     il capitale in proporzione delle perdite accertate.

Se l’assemblea non provvede alla riduzione del capitale, gli amministratori e i sindaci hanno l’obbligo di chiedere al Tribunale “ che venga disposta tale riduzione in ragione delle perdite risultanti in bilancio”.

Opportuni provvedimenti degli amministratori

 In caso di perdite superiori  ad un terzo del capitale,gli amministratori devono convo-care immediatamente l’assemblea dei soci; anche  durante l’esercizio sociale uno dei loro compiti piu’ rilevanti nell’ambito del mandato fiduciario di amministratori, sara’  quello   di percepire eventuali perdite che vanno ad intaccare il capitale.

In questo senso,  essendo  obbligo degli amministratori      quello    di     vigilare     sul-l’andamento della gestione sociale come disposto dal 2^ comma dell’art.2392 c.c., essi devono poter avere una   percezione della perdita effettiva in ogni momento  della vita sociale; cio‘ si  riferisce in ogni caso  ad un atteggiamnerto di urgenza inteso in senso “ragionevole” (Trib. Milano 1.07.1976, in Giur. Comm.,1977, II).

E’ chiaro che nella vita dell’impresa vi possano essere alcune perdite di   natura occa-sionale che possono essere assorbite nell’ambito  di  un  periodo  ristretto, come  nel  caso  delle  attivita’  industriali  che   risentono dell’interruzione della produzione nel periodo estivo;  in altri casi puo’ capitare che  vi siano  perdite consistenti e continua-tive nel primo periodo di attivita’, come per le aziende che effettuano  investimenti in “knowhow”  in modo massiccio e  che impongono, invece, notevoli iniezioni di  liqui-dita’.

Si impone, quindi,  anche ai fini pratici  un  atteggiamento     degli      amministratori sempre vigile nei confronti di eventuali  perdite in corso d’anno o ad altre verificatesi  in corso di approvazione del bilancio, per evitare che un ritardo    non     proprio desi- derato si traduca in una  eventuale azione di responsabilita’ ex art. 2392 c.c., nonche’ nell’applicazione delle sanzioni penali di cui all’art.2630 2^ comma n.2 c.c..

Per imputare la responsabilita’ agli organi amministrativi  sara’ necessario individuare con certezza a partire da quale momento l’inadempimento dell’obbligo e’ da imputare ad essi  e quali siano i danni derivanti dal loro inadempimento.

L’amministratore che si vorra’ esimere da   colpa       dovra’,     dunque,    provare    che l’inadempimento non e’ imputabile a sua colpa.

Per provare il nesso causale  fra mancata convocazione dell’assemblea e danno non sara’ di facile entita’;  infatti difficilmente sara’ provabile l’addebito di responsabilita’ in capo all’amministratore in caso di ulteriori perdite per operazioni compiute, nel momento successivo a quello in cui lo stesso avrebbe dovuto convocare l’assemblea, come disposto dall’art. 2446 c.c.

Secondo la  giurisprudenza in atto  raramente sulla base di    piu’ casi    in    cui     gli amministratori avrebbero dovuto convocare l’assemblea,  raramente si  e’   riusciti a provare la loro responsabilita’ in base a tale inadempimento (*).

(*) Per un caso  in cui si affermo’  la responsabilita’   degli       amministratori      per negligente sorveglianza prima che la perdita avesse raggiunto il limite di cui  all’art. 2446 c.c., v. Cass. 5 aprile 1971 n.970 in Casi  e materiali, cit.  a nota 1 del cap. I p.738 V. Anche Trib. di Genova  16/01/1979  che ha ritenuto gli amministratori e i sindaci responsabili delle perdite verificatesi dal momento in cui si imponeva l’applicazione dell’art. 2446 c.c.

Per meglio comprendere quando il capitale e’ stato eroso in misura superiore ad un terzo vi sono tre ipotesi, per le quali la perdita puo’ essere evidenziata:

  • al valore nominale del capitale sociale;
  • alla somma del capitale sociale piu’ le riserve;
  • al capitale sociale , ma dopo che la perdita abbia eroso completamente le riserve esistenti;

a titolo esemplificativo si puo‘ fare  riferimento ad una societa’ che abbia un capitale di 150 e riserve iscritte in bilancio per 20.

L’obbligo prescritto agli amministratori di cui all’art. 2446 c.c. scatterebbe qualora le perdite fossero eccedenti di:

1)   Nel primo caso per perdite eccedenti  150/3, cioe’ 50

2)   Nel secondo caso per perdite eccedenti (150+30)/20, cioe’ 90;

  • Nel terzo caso per perdite eccedenti 20 + 150/3, cioe’ 70.

Mentre le prime due ipotesi sono poco attendibili, poiche‘   la prima implica un’erosione prima del capitale e poi delle riserve,  la seconda che il capitale e le riserve vengano  erose contemporaneamente, in caso  di perdite; la terza ipotesi  risulterebbe quella piu’ conveniente secondo i principi civilistici  piu’ comunemente accettati,  per cui  le perdite  andrebbero ad erodere prima le riserve di varia natura  e in un secondo momento il capitale.

Cio‘ in aderenza al principio che il capitale sociale costituisce per i creditori e    per    i terzi  la garanzia piu’ solida.

Quindi secondo un atteggiamento di  responsabile controllo anche durante l’esercizio sociale gli  amministratori dovranno  essere in grado di percepire eventuali    perdite che vanno ad intaccare il capitale; in questo senso, essendo loro  obbligo  quello    di vigilare sull’andamento della gestione sociale, come disposto     dal 2^ comma   del-l’art.2392 c.c.,  devono avere una  percezione della perdita effettiva in ogni momento  della vita sociale; cio’  si  riferisce fra l’altro ad un atteggiamento di urgenza inteso in senso “ragionevole” (Trib. Milano 1.07.1976, in Giur. Comm.,1977, II).

In questo senso puo‘ essere considerato l’art. 2446 c.c., il quale       importa       un intervento tempestivo degli amministratori in caso di perdite del capitale, consen-tendo  ai soci di ridurre il valore nominale del capitale, senza l’applicazione dell’art. 2445, in caso di capitale che risulti esuberante, di cui gia’ trattato precedentemente.

(*) Per un caso  in cui si affermo’  la responsabilita’ degli amministratori per negli-gente sorveglianza prima che la perdita avesse raggiunto il limite di cui all’art. 2446 c.c., v. Cass. 5 aprile 1971 n.970 in Casi  e materiali, cit.  a nota 1 del cap. I p.738 V. Anche Trib. di Genova  16/01/1979  che ha ritenuto gli amministratori e i sindaci responsabili delle perdite verificatesi dal momento in cui si imponeva l’applicazione dell’art. 2446 c.c.

E’ chiaro che nella vita dell’impresa vi possano essere alcune      perdite    di     natura occasionale che possono essere assorbite nell’ambito  di  un  periodo  ristretto, come  nel  caso  delle  attivita’  industriali  che   risentono dell’interruzione della produzione nel periodo estivo; in altri casi puo’ capitare che  vi siano  perdite consistenti e  conti-nuative nel primo periodo di attivita’, come per le aziende che  hanno      bisogno    di investimenti in “knowhow”  in modo massiccio e  che impongono, invece,     notevoli iniezioni di liquidita’ per periodi continuativi.

Per imputare la responsabilita’ agli organi amministrativi  sara’ necessario individuare con certezza a partire da quale momento l’inadempimento dell’obbligo e’ da imputare ad essi  e quali siano i danni derivanti dal loro inadempimento.

L’amministratore che si vorra’ esimere da colpa  dovra’,      dunque,      provare      che l’inadempimento non e’ imputabile a sua colpa.

Per provare il nesso causale  fra mancata convocazione dell’assemblea e danno non sara’ di facile entita’;  infatti difficilmente sara’ provabile l’addebito di responsabilita’ in capo all’amministratore in caso di ulteriori perdite per operazioni compiute, nel momento successivo a quello in cui lo stesso avrebbe dovuto convocare l’assemblea , come disposto dall’art. 2446 c.c.

Secondo la  giurisprudenza in atto  raramente sulla base di piu’   casi     in cui       gli amministratori avrebbero dovuto convocare l’assemblea,      assai  raramente si     e’   riusciti a provare la loro responsabilita’ in base a tale inadempimento (*).

Situazione patrimoniale

Nel caso di una situazione di perdite eccedenti     un     terzo del     capitale      perche’ l’assemblea  possa disporre di tutte le informazioni necessarie per consentire ai soci  di deliberare sara’ necessario   che   gli amministratori   predispongano    una  situa-zione patrimoniale della societa’.

Questa dovra’ rimanere depositata presso la societa’ negli  otto giorni che precedono l’assemblea dei soci (Trib. Cosenza 8-02-1994, in Le societa’ 1994, 1071).

La preparazione di una relazione sulla  situazione patrimoniale della societa’  costitui-sce “ condicio sine qua non” per la validita’ della deliberazione medesima.

In caso di omessa presentazione all’assemblea del documento suddetto vi potranno essere delle conseguenze giuridiche rilevanti in capo agli effetti della delibera stessa.

In alcune pronunce ( Trib. Napoli 20.05.1986, in Societa’ 986. Pag.1011; Trib. Siena 28.03.1984 il nuovo diritto 1984, pag.590) si e’ affermato che la delibera      sarebbe annullabile , poiche’  il disposto normativo dell’art. 2446 c.c. e‘ dettato dalla necessita’ di tutela  dei soci.

Secondo l’orientamento prevalente (Trib. Roma 16.05.1986 in Societa’ 1986,pag.1317; Trib. Milano 11.10.1983 in Societa’ 1984 pag.556)la riduzione del capitale per perdite se adottata in  assenza di una situazione patrimoniale aggiornata  e’ da considerarsi nulla poiche ‘ in contrasto con l’art.2446 c.c. ( Trib. Verona 9.07.1998 in Le societa’ 1988, 1276).

Tale orientamento tende non solo ad effettuare una corretta informazione dei soci nel momento della delibera assembleare ex art.2446 c.c., ma anche quello  di       tutelare l’integrita’ del capitale sociale e la salvaguardia delle ragioni dei terzi.

Criteri  di redazione della situazione patrimoniale

 La situazione patrimoniale deve indicare  i criteri di valutazione seguiti        nella redazione di tale documento contabile, e secondo la dottrina in atto costituisce un vero e proprio bilancio, anche se non redatto in chiusura d’esercizio.

Secondo alcuni correnti di pensiero  la redazione della situazione patrimoniale non e’ gravata dai limiti posti dall’art.2425 c.c. per le valutazioni delle appostazioni  contabi-li, ma deve nello stesso tempo rappresentare l’effettiva situazione  patrimoniale della societa’ (Ferri Le societa’ Torino1987, pag.941).

Si vuol citare il caso di appostazioni contabili come   le   spese       di     impianto     o  l’avviamento o eventuali marchi iscritti in bilancio per   un   valore    effettivamente inferiore a quello reale; cio’ chiaramente non risponde a quanto disposto     dall’art. 2446 c.c., che richiede una situazione patrimoniale, corredata dalle     osservazioni dell’eventuale organo sindacale in carica, che esprima in termini contabili la   reale consistenza dell’impresa.

Si sostiene  ancora che “ la corretta informazione dei soci e il principio della chiarezza nella rilevazione della situazione patrimoniale della societa’ e dalle perdite da   queste sofferte impongono che il bilancio speciale da sottoporre ai soci ex art.2446 sia  redat- to in modo che la perdita subita  sia percepita immediatamente”.

D’altro canto nella redazione della situazione che evidenziera’ l’eventuale  perdita sono   permesse agli amministratori delle deroghe ex art. 2425 c.c. ultimo comma, purche’  vengano fornite le opportune giustificazioni del caso, volte a spiegare con chiarezza  una verita’ contabile  che sia sostanziale e non formale.

Si puo’, dunque, affermare sotto un punto di vista pratico che la giurisprudenza ha ritenuto congrui criteri valutativi identici a quelli relativi al bilancio di esercizio.

  1. A) La determinazione del risutato della gestione deve sicuramente essere svolta dal bilancio d’esercizio  come risulta dall’art. 2423 c.c., che permette con la sua applicazione una maggior tutela dei terzi in un momento cosi’ delicato della vita dell’impresa.
  2. B) Sotto un punto di vista pratico il 2^ comma dell’art. 2446 dispone    che l’assemblea che approva il bilancio d’esercizio successivo al verificarsi della perdita di procedere alla riduzione del capitale, qualora la suddetta perdita non risulti diminuita a meno di un terzo.

Percio’ e’ d’obbligo secondo l’orientamento del legislatore la necessita’ di mettere in relazione la perdita risultante dalla situazione patrimoniale a quella iscritta         nel successivo esercizio ,secondo parametri ovvero criteri di valutazione confrontabili fra di loro, come quelli derivanti dall’applicazione dell’art.2423 c.c.

Da  quanto esposto sopra si puo’ dunque propendere per la necessita’  di allegare alla situazione patrimoniale propriamente detta un conto economico, sebbene cio’ non sia richiesto dal codice civile e non costituisca un limite  alla necessaria  omologazione dell’eventuale delibera dell’assemblea.

Infatti il conto economico unito alla situazione patrimoniale puo’ mettere in luce nell’attivita’ d’impresa  in esame quegli  aspetti illustrativi necessari, con gli opportuni dettagli di conto, che permettano di comprendere   in modo piu’ analitico un momen-to particolarmente grave della vita dell’impresa.

Per dare un’immagine completa della societa’  potra’ essere redatta una relazione degli amministratori e in particolar modo una relazione del Collegio  Sindacale,        in     cui l’organo di controllo dovra’ esprimere il proprio parere in merito alla correttezza       e attendibilita’ dei dati esposti da parte degli amministratori.

Queste relazioni dovranno indicare i criteri adottati nella redazione dei  prospetti , esprimere eventuali giudizi di  merito sulle cause che hanno prodotto  le perdite e fare le opportune proposte per gli opportuni provvedimenti da  adottare.

Data della situazione patrimoniale

Secondo la dottrina la data relativa alla situazione patrimoniale da sottoporre al vaglio dell’assemblea chiamata a deliberare sulle perdite eccedenti il terzo del capitale non   deve essere anteriore a quattro mesi o sei mesi rispetto alla data dell’assemblea stessa.

Tuttavia, secondo la Giurisprudenza del Tribunale di Milano, la situazione patrimoniale deve essere relativa ad una data  anteriore di non oltre 60 giorni rispetto a quella dell’assemblea che dovra’ poi deliberare per l’applicazione dell’art.2446 c.c. Infatti cio’ dipende dal fatto che gli amministratori devono assumere un atteggiamento tempestivo ai fini della convocazione dell’assemblea.

La dottrina afferma invece che il termine  di 60 giorni non essendo fissato dalla legge trova smentita nel:

  1. 2^ comma dell’art.2446 c.c. per il quale l’assemblea deve essere convocata entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio successivo a quello nel quale e’ stata rilevata la perdita o entro il maggior temine mai superiore a sei mesi da tale chiusura, se fissato dall’atto costitutivo in caso di eventi particolari;
  2. nell’art.2501-ter  c., per cui la situazione non deve essere anteriore a quattro mesi rispetto alla data di deposito nella sede della societa’, del progetto di fusione .

Quindi, in  conclusione,  la riduzione del capitale per perdite puo’ essere legittimamente deliberata sulla base di una situazione patrimoniale non anteriore a quattro mesi o sei mesi dal giorno dell’assemblea che dovra’ deliberare in merito, a’ sensi dell’art. 2446 c.c.;

tuttavia sembra evidente l’apprezzamento generalmente applicato dal  Tribunale  di  Milano, che impone una situazione quanto piu’ aderente alla data della       delibera assembleare sulla  situazione di perdita, rispecchiando essa  piu’ da vicino   la realta’ economica  effettiva del momento.

In caso di omessa presentazione all’assemblea del documento suddetto vi potranno essere delle conseguenze giuridiche rilevanti in capo agli effetti della delibera stessa.

Secondo quanto risulta da alcune   pronunce ( Trib. Napoli 20.05.1986, in Societa’ 986. Pag.1011; Trib. Siena 28.03.1984 il nuovo diritto 1984, pag.590)    la delibera sarebbe annullabile , poiche’  il disposto normativo dell’art. 2446 c.c. e’      dettato dall’esigenza di tutela dei soci.

Secondo l’orientamento prevalente (Trib. Roma 16.05.1986 in Societa’ 1986, pag.1317; Trib. Milano 11.10.1983 in Societa’ 1984 pag.556) la riduzione del capitale per perdite se adottata in  assenza di una situazione patrimoniale aggiornata  e’ da considerarsi nulla poiche‘  in contrasto con l’art.2446 c.c. ( Trib. Verona 9.07.1988 in Le societa’ 1988,1276).

 Riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale ex art. 2447 c.c.

 Ai fini dell’art. 2447 c.c. nel caso di perdite eccedenti il terzo del capitale sociale, il quale viene a ridursi al di sotto del minimo di legge , e’ necessaria la convocazione tempestiva  dell’assemblea da parte degli amministratori per deliberare la riduzione al disotto del minimo legale o la trasformazione della societa’.

La suddetta convocazione sara’ necessaria al verificarsi contemporaneo delle due condizioni:

1) la perdita deve essere superiore ad un terzo del capitale;

2) la riduzione del capitale deve essere al di sotto del minimo legale;

Quindi, anche in presenza di una societa’ con capitale inferiore al minimo legale, la stessa potra’ continuare ad operare finche’ la perdita non abbia superato il terzo del capitale.

Si puo’  affermare  che il legislatore e’ tollerante nel caso di perdite inferiori al terzo del capitale; infatti in caso contrario le societa’ costituite con capitale minimo dovrebbero prendere provvedimenti continui ai fini dell’art. 2447 c.c., senza i quali le stesse dovrebbero essere sciolte.

Ai fini della situazione patrimoniale di cui ampiamente trattato relativamente  al-l’art.2446 c.c. ,si ricorda che l’obbligo  di presentare il suddetto documento esiste anche nel caso di perdite che riducano il capitale al di sotto del minimo legale.Per completezza di trattazione si vuol citare, tuttavia,  l’orientamento opposto di alcune   alcune pronunce  giurisprudenziali (Trib. Milano 25.1.1954 in Foro Italiano 1955, I col.148), per le quali l’informativa  disposta ai fini dell’art. 2446 c.c. non sarebbe obbligatoria nel caso di cui all’art. 2447 c.c., poiche’ nel  caso di capitale ridotto al di sotto del minimo legale, i  soci dovrebbero sottostare ad un comportamento imposto dalla normativa.

Tuttavia   sotto un punto di vista oggettivo l’orientamento piu’ comunemente accettato dalla giurisprudenza per  la fattispecie di cui all’art. 2447 c.c. e’ quello di    considerare tale disposto normativo un caso specifico, di cui al gia’ citato art. 2446 c.c.,       ovvero della perdita eccedente il terzo del capitale.

Quindi  per ottenere  una maggior tutela dei creditori  sara’ necessario redigere una  situazione patrimoniale anche ai fini dell’art. 2447 c.c., sebbene      non        prevista espressamente dalla normativa civilistica.

di  Giuseppe Vittorio – dottore commercialista  Milano